Non aveva la stoffa da diva, ma la faccia tosta sì. E questo bastava perché nell'immaginario di tutti Valeria Marini fosse l'ultima diva italiana. Non è da tutte posare per David Lachapelle, soprattutto se non si ha un fisico alla Naomi Campbell, per intenderci. Ma è questo che faceva di lei una show girl fuori dall'ordinario. Trasformare i difetti in punti di forza è il massimo. Caviglie, cellulite e chili di troppo compresi.
E andava tutto bene: il teatro, il cinema, i capricci, la linea di biancheria intima, il matrimonio lampo. Mai reality e i talent no! Ci mancano le gocce di Chanel di Marilyn. Con le first lady che fanno l'orto biologico nel giardino presidenziale, le principesse che vestono low cost, le regine che mangiano gli avanzi, la nostra fantasia vola davvero basso. La crisi ha annichilito tutte le ambizioni, facendo venire meno la volontà di credere. Per cui, le pagine dei rotocalchi gratificavano la nostra immaginazione. E la Marini dava un bel contributo: il lettone di Cecchi Gori, gli abiti con i boa esagerati, la lingerie trasparente. L'italiano medio che sbirciava la rivista della moglie aveva di che discorrere con i colleghi e la casalinga frustrata sospirava con gli occhi sognanti. Ma con i pattini ai piedi in una competizione a eliminazione, si rischia di scivolare. Di scivolare non sul ghiaccio, ma su un terreno piu' insidioso, quello del quotidiano che accomuna tutti. E lo straordinario? L'Olimpo c'era perché i mortali dovessero temerlo e invidiarlo. Le dee non avevano pattini né sneakers. Nel Duemila ci accontentiamo delle bambolone che parlano poco e mostrano troppo. Ci bastano i tacchi vertiginosi, gli abiti vaporosi, le stole di marabù. Ma se anche l'ultima bambolona cede al richiamo del fuori onda…
Rita Hayworth con rammarico raccontava che gli uomini andavano a letto con Gilda e si risvegliavano con Rita. Siamo proprio sicuri che tante Rite, troppe, non provochino un'indigestione di normalità, di ordine, di noia? Un'entità altra ci vuole, un sorta di surrealtà, come diceva André Breton, dove collocare tutte quelle vite che possiamo almeno un po' invidiare e che ai piedi portino come minimo un tacco dodici.