A pensarci bene, nell'immaginario collettivo, ha vestito più gangster e mascalzoni che incensurati. L'epilogo sembrava quasi un copione. Ripreso a Lugano dalle videocamere di sorveglianza, l'imprenditore astigiano dell'energia e del gas, Marco Marenco, patròn della Borsalino e latitante da un anno, è stato arrestato nei giorni scorsi nella cittadina svizzera. Le immagini, ovviamente, non sono state diffuse, per cui non sappiamo se indossava un cappello della mitica azienda, dalla quale si sono subito affrettati a far sapere che il bancarottiere era stato esautorato da tempo.
Lo storico cappello con la tesa di sei centimetri ha coperto il capo di Alain Delon e Jean-Paul Belmondo nell'omonimo film-leggenda, Borsalino, che racconta le vicende di due rampanti e affascinanti boss della malavita marsigliese. La sua storia cinematografica non è sempre legata al malaffare, anzi, ma costituiva l'elemento distintivo per detective e mascalzoni di alto bordo. Basti ricordare Al Pacino nel film Il padrino. E, a volte, la realtà superava la fantasia. Non a caso faceva bella mostra sul testone del famigerato Al Capone quando fu prelevato dalle forze del'ordine. Bianco, immacolato sul vestito scuro. Quasi quasi i cattivi sembravano i poliziotti.
E la vita di Marenco, negli ultimi tempi, sapeva un po' di mistero, benché fosse noto che da latitante continuasse a condurre i suoi affari dalla Svizzera. Però, nessun inseguimento, niente sparatorie, nulla di eclatante nel suo arresto. Quelli di Belmondo e Delon erano altri tempi.
Un successo made in Italy senza confini quello di Borsalino, che, a onor di cronaca, è stato l'accessorio preferito di divi, vip e politici, tra cui Humphrey Bogart, Federico Fellini, Alberto Sordi, Gary Cooper e del nostro presidente emerito, Giorgio Napolitano. Ma vuoi mettere il fascino di una canaglia?